Siamo in grado di monetizzare la bellezza di un tramonto vista mare o di uno scorcio di natura in cui, nello stesso istante, possiamo vedere ripide montagne affacciarsi a strapiombo su rive d’acqua limpida dopo un lungo tragitto tra vallate ricche di biodiversità?!
Io credo di no! E ogni volta che pensiamo ai sacchetti biodegradabili da comprare (al costo massimo imponibile di 2 centesimi) lasciamo fare più al cuore che alla testa, pensiamo al benessere psicologico che la nostra bella “Terra” è in grado di darci, se solo ci impegnassimo quotidianamente! Ed è proprio questo percorso verso un impegno quotidiano che vuol dettare il recepimento della direttiva Europea 2015/720 attraverso l’approvazione della legge 123/2017: con essa si impone, infatti, il divieto di utilizzo, all’interno dei supermercati dei sacchetti in plastica a parete sottile (minore di 15 micron), usati per fine igienici sui soli alimenti sfusi, e la vendita dei sacchetti , invece, completamente biodegradabili. Ed è proprio il costo di questi, negli ultimi giorni, ad aver scatenato caos sui social e nella vita reale, ad aver creato conflitti anche politici, generando ipotesi di possibili complotti per favoritismi, ma fermiamoci un attimo a riflettere: in Europa, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente, si stima un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti, con una buona parte di questi che terminano il loro ciclo di vita in mare e sulle coste (generando danni all’ecosistema marino e non solo).
Vale, quindi, la pena un piccolo impegno quotidiano utile, non solo a far diminuire le microplastiche in mare ma ad aumentare la consapevolezza ambientale in ognuno di noi?! Ad oggi, purtroppo, diamo ancora valore a ciò che ha un prezzo ed è solo attraverso questo che siamo in grado di capire il prezzo che paga e potrebbe continuare a pagare la natura e i nostri figli se il volume delle microplastiche in mare continuerà ad aumentare nei prossimi anni. Certo forse per quanto la legge sia eticamente sostenibile pecca in applicazione: va, infatti, a complicare le logiche di chi, già particolarmente ambientalista, si impegna nel quotidiano con utilizzo di shopper in telo (o anche con retine in cotone per ortaggi e frutta sfusa) e complica, a volte, anche i processi di compostaggio (i bio- shopper hanno un tempo di degradazione più lento dei diversi materiali organici riposti nell’umido).
Aldilà delle critiche, e dei miglioramenti da poter richiedere, cerchiamo però di metabolizzare la legge come un passo verso una maggiore sostenibilità creata grazie al contributo di ognuno di noi e magari fermiamoci per un attimo a ragionare sui nostri acquisiti green (come il caso dei bio-shopper) con la logica costi/benefici: vale la pena qualche centesimo in più se questo può tradursi in BELLEZZA NATURALE?!